NOSTRO ARTICOLO
di Valentina Da Rold
Molto si è scritto sulle nuove forme di organizzazione del lavoro, che si possono trovare nelle fabbriche e nelle aziende. Si è lasciato, invece, assai poco spazio al giudizio dei lavoratori. Le loro forme di difesa, la percezione operaia dei nuovi modelli di controllo che presuppongono le nuove organizzazioni del lavoro, è lasciata nel dimenticatoio anche e, dispiace dirlo, dai sindacati nazionali che spesso non vi hanno posto la dovuta attenzione.
Anche la Luxottica si è convertita al Pensiero Snello (il cosiddetto “Lean Thinking”) e, da qualche anno, parole come kaizen, kanban (letteralmente “cartellino” indicante la tipologia del materiale usato), CONWIP (acronimo di CONstant Work In Process, tecnica di controllo del flusso dei lotti) quali elementi del sistema just in time, sono entrate nel vocabolario aziendale e le espressioni ‘valorizzazione delle risorse umane’ e ‘radicale cambiamento di mentalità’ ricorrono sempre più spesso.
Strumenti come i Circoli di qualità o la Cassetta delle idee, il cui scopo dichiarato dovrebbe essere quello di contare sulle idee di tutti i dipendenti per migliorare le operazioni dell'azienda, si traducono in realtà, (quando non si limitano del tutto ad annunci vuoti), a mezzi subdoli attraverso i quali dare ad ogni dipendente la sensazione che l'azienda e i superiori lo prendano in considerazione, e vengono utilizzati per costruire sentimenti di lealtà ed orgoglio aziendale.
Queste trasformazioni hanno coinvolto, in primis, il reparto finitura dove l'organizzazione del lavoro è tempestivamente e radicalmente cambiata già dal 2006 con la messa al bando delle lavorazioni sui banchi (tranne rarissime eccezioni) e la nascita di linee, isole e celle.
Nonostante che, da subito, i rappresentanti sindacali dell’area della finitura avessero cercato di portare l'attenzione su ciò che tutto questo stava comportando nei confronti dei lavoratori coinvolti in termini di ritmi di lavoro, pause regolamentate, rapporti con i colleghi e con i superiori, e quant'altro, non si è riusciti a far comprendere appieno la portata dell'evento, neanche ai delegati rappresentanti sindacali, che lavoravano in altri reparti.
Il termine kaizen è la composizione di due kanji (caratteri della scrittura giapponese) Kai e Zen che accostati significano: “in continuo miglioramento”.
Il kaizen si basa su un sistema di modelli organizzativi che coinvolge l'intera struttura aziendale attraverso alcune pratiche tecniche, gestionali e ideologiche che comprendono varie metodologie: dallo studio dei movimenti del lavoratore in catena di montaggio (lavorazioni a flusso continuo, linee, isole, celle ecc.) ai fini di velocizzare il processo produttivo, alla formazione manageriale, dal tabellone esposto con i risultati della produzione, alla “premiazione”del gruppo di lavoratori che ha prodotto di più, all’istituzione della figura del team leader ecc.
In questo modo i gruppi entrano in competizione tra loro e includono al loro interno anche una competizione individuale creando i team leader, i primi tra i pari. Il primo tra i pari diventa il mediatore tra azienda e lavoratore al posto del sindacato. Per l’azienda rimane un operaio/a non diverso dagli altri. Non viene pagato di più e la sua è una soddisfazione psicologica, simile a quella di chi vince una gara. Ma la vera gerarchia da scalare è da un’altra parte: non è accessibile agli operai che rimangono indietro, qualcuno arriva ultimo come, ad esempio, il lavoratore in linea e precario.
Questo tipo di modello organizzativo aumenta il controllo da parte dell’impresa, è basato su una partecipazione coatta che crea sospetto tra membri della stessa squadra: si sviluppa attraverso la frammentazione dei lavoratori che vengono messi in competizione tra loro e formati ideologicamente.
Chissà come mai diverse lavoratrici della finitura che erano temporaneamente state spostate, al loro ritorno hanno dichiarato che il clima in finitura è notevolmente peggiore rispetto agli altri reparti!
L’azienda segue l’orientamento del mercato, non produce quantità massicce ma si calibra alla domanda sul breve periodo Si azzerano i magazzini e si concepisce una fabbrica snella e flessibile, quella stessa flessibilità che viene successivamente utilizzata per sopperire agli sbalzi di produzione e ai cali. Quindi flessibilità oraria: sabati lavorativi, precarietà della forza lavoro, interinali, contratti a tempo determinato, aumento dei ritmi e dei carichi di lavoro.
Evidentemente all'azienda interessa esclusivamente la produttività, ma essa non sembra voler perseguire la crescita professionale dei lavoratori, che pure sono obiettivi dichiarati del metodo kaizen.
Si invitano caldamente i lavoratori a partecipare ai “corsi di formazione”, o meglio, di propaganda durante la pausa pranzo, per non sottrarre ore alla produzione ed evitare di retribuirle, in perfetta linea quindi con una politica di riduzione dei costi.
A titolo indicativo è interessante sottolineare questa frase del padre fondatore di tale filosofia: “Il movimento non è sinonimo di lavoro. Solo il lavoro aggiunge effettivamente valore al prodotto. Uno dei compiti principali dei dirigenti è controllare che ogni movimento dei lavoratori sia proficuo ai fini produttivi e non si disperda in un inutile agitarsi” Ohno, Lo spirito Toyota.
Il controllo che provoca questo modello è sicuramente più sottile e -democratico- del rigido burocratismo della fabbrica “fordista”, si invitano i capi reparto e i dirigenti a mangiare con propri sottoposti poiché devono abbassarsi a parlare con gli ultimi (una vera e propria forma di socializzazione coatta, per far sì che i lavoratori producano in un sistema sempre più alienato.
Per l’azienda la filosofia di base è sempre la stessa: il sindacato può discutere e negoziare su alcune cose, ma è la cultura a non essere mediabile.
Per questo vogliamo impegnarci affinché il lavoratore venga considerato come persona e non soltanto come elemento intercambiabile ai fini della produzione.
L’obiettivo della qualità, sempre più sbandierato quale fine ultimo del nuovo modello organizzativo, si sta sempre più rivelando per quello che è: un alibi, qualcosa che con la qualità del prodotto e soprattutto con la qualità della vita dei dipendenti non c’entra per nulla, perché mira, invece, al profitto e alla riduzione dei costi.
RS CGIL/FILTEA
LUXOTTICA AGORDO
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