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Belluno: giovane donna ex sindacalista si uccide dopo aver perso il lavoro


La storia di Anna, bellunese, ex delegata Cgil, che a 36 anni dopo aver perso il lavoro si è tolta la vita.



VENERDI' 26 NOVEMBRE 2010 - Corriere delle Alpi

di Cristian Arboit 
BELLUNO. Difficile capire cosa passi per la testa di una persona che decide di togliersi la vita, di certo - tra i problemi di Anna (nome di fantasia) - c'era quello di aver perso il posto di lavoro e di non essere più riuscita a costruirsi una vita.

Anna aveva 36 anni ed era una delegata sindacale della Cgil, poi è arrivata la mobilità e niente è stato come prima. Ogni volta che trovava un lavoro, durava tutto troppo poco. Era una precaria, come tanti - troppi - della sua età. E a un certo punto non ce l'ha più fatta e ha deciso di farla finita.

E' successo pochi giorni fa in Valbelluna, ma la Camera del lavoro l'ha voluta ricordare durante una conferenza stampa, indetta proprio per parlare di giovani e occupazione.

Sullo sfondo, c'è una crisi che continua a essere pesante e che colpisce soprattutto i precari. Il lavoro in provincia di Belluno infatti è sempre più instabile, qualcuno - ma sono in pochi - lo definirebbe "flessibile": «Purtroppo sta diventando la norma», afferma il segretario provinciale della Cgil, Renato Bressan.

E la norma così sta diventando la patologia di un sistema che rischia di rimanere troppo indietro. Vale per Belluno come per l'intero Paese. Disagio in aumento. La morte di Anna è la classica punta dell'iceberg perché la crisi economica - e l'assenza di lavoro - sta portando a un aumento dei casi di disagio.

«Ce lo confermano le stesse aziende», racconta Bressan. A crescere infatti è l'abuso di alcol e droga. Parla di "solitudine", il segretario della funzione pubblica Ludovico Bellini: «I nostri giovani stanno diventando sempre più soli. E' un problema che fino a poco tempo fa riscontravamo soprattutto tra gli anziani». E il precariato pesa moltissimo: «Il fatto di non avere prospettive fa crollare la qualità della vita», spiega Bressan. Studio nelle fabbriche. Da gennaio, nelle aziende del Bellunese, la Cgil porterà avanti uno studio con un team di psichiatri e psicologi del Trentino- Alto Adige. A fare da anello di congiunzione tra sindacato, specialisti e dipendenti saranno le rsu.


L'obiettivo della ricerca è analizzare il disagio che si respira soprattutto nelle grandi imprese: «E' emerso che nelle aziende di grandi dimensioni le situazioni al limite sono superiori che negli ambienti medio-piccoli», prosegue il segretario della Cgil. I conti della crisi. La contabilità dell'attuale difficile congiuntura continua a essere davvero impietosa. I dati del sindacato parlano di 11244 "senza lavoro": 8800 sono disoccupati tout court, 2444 i sospesi per effetto degli ammortizzatori sociali. A esplodere quest'anno è stata la cassa integrazione straordinaria, balzata dalle 139 mila ore autorizzate nel 2008 (prima cioè della crisi) al milione e 700 mila registrate quest'anno fino al 31 ottobre.

Ma a dire quanto la crisi continui a essere profonda è il trend della cassa integrazione in deroga che - va sottolineato - è pagata dalla fiscalità generale, quindi da tutti i contribuenti. Se nel 2008 erano state autorizzate solo 5500 ore, quest'anno si è superato il milione di ore. Un exploit che non ha davvero precedenti. Emblematico quanto inedito il dato che arriva dal fronte impiegatizio, solitamente quello meno toccato dalla crisi. La cassa straordinaria, in questo caso, è passata dalle 29 mila ore di due anni fa, alle quasi trecentomila dei nostri giorni. Ma a preoccupare sono anche le aziende che stanno terminando gli ammortizzatori sociali. In dicembre le aziende coinvolte saranno sette.

Rispetto al luglio del 2009, spiegano dalla Camera del lavoro, si sono persi altri 900 posti di lavoro. Il saldo quindi - al netto fra avviamenti e cessazioni - resta ampiamente negativo. Il tasso di disoccupazione - stando ai dati della Cgil - ha superato la soglia del dieci per cento. «Siamo all'11,4», scandisce Bressan. «Al concetto di disoccupati dobbiamo sostituire quello di senza lavoro. E' con questi che dobbiamo fare i conti».

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